Alla sua morte, il mercante fiorentino Ser Orsolino (Chersolin) fu di Ser Giovanni degli Ubbriachi (o Ubriati) lasciò diecimila lire “…de piccoli veneti…”, affinché si erigesse un Ospedale per i poveri intitolato a San Giovanni Battista.
Le sue volontà furono trascritte nel testamento redatto il giorno 8 giugno 1337. L’uomo abitava a Venezia, in parrocchia di Santa Maria Formosa, e richiese che il giuspatronato dell’Ospedale fosse concesso ai suoi parenti più prossimi. L’edificio, sotto la gestione del Priore Massimo Belligotti (Belligratis o Belligatti, parente stretto del defunto donatore), fiorentino, fu eretto nel 1338 nell’isola di Murano, per ragioni non note. Il terreno per la costruzione dell’edificio sorgeva nei pressi del lago di San Basilio (attuale “zona Faro/Bressagio/Fondamenta dei Battuti”) e pare appartenesse alla chiesa di Santa Maria e Donato, anche se la giurisdizione apparteneva alla pieve di Santo Stefano. I pii rettori erano confermati dai Vescovi di Torcello. Lo stesso Priore Belligotti aveva presentato richiesta nel 1341 al Vescovo di Torcello, Giovanni Morosini, di poter erigere in quel caritatevole albergo un altare per permettere agli ospiti impossibilitati a muoversi di udir messa ogni giorno: esso fu concesso e venne dedicato a San Demetrio martire. A Murano era da tempo presente una Confraternita chiamata Fragia dei Battuti, con sede poco distante, presso un piccolo oratorio dedicato a San Vittore martire. Desiderosa di compiere missione di carità per i poveri da unire “…ai soliti uffici di pietà e mortificazione…”, la Fragia, attraverso il suo Guardian Nicoletto Carrer, chiese ed ottenne di entrare nell’ospedale in data 6 agosto (o 6 aprile secondo altri) 1348, per concessione del priore. Ospedale e Fragia divennero così un tutt’uno posto sotto la protezione di San Giovanni Battista, dopo che venne solennemente riconosciuta la chiesa di Santo Stefano come “…Madre e giurisdicente…”. La ristrettezza dei luoghi fece sì che la Confraternita pensasse di ingrandire gli edifici acquisendo porzioni di terreno circostanti. Una volta ottenuto un nuovo spazio, si pensò di fabbricare un edificio con una grande sala ed un ospizio per poveri al pianterreno, e tre camere “..in solaro…” per l’abitazione dei Priori. Nella sala si edificò un altare dedicato a San Vittore. Il tutto venne costruito dalla Scuola a proprie spese con la promessa che, in caso di trasferimento o cessazione della Confraternita, tutta la costruzione sarebbe passata in proprietà all’ospedale e se la Fragia avesse voluto appropriarsi dell’edificio, doveva costruirne a proprie spese uno uguale nella forma e nelle dimensioni per destinarlo all’ospedale. Questo patto venne ufficializzato nel 1350. Venne stabilito anche uno “scambio” di altari tra l’ospedale e la Confraternita: quello di San Demetrio, ritenuto più comodo, passò alla Fragia dei Battuti, l’altro, dedicato a San Vittore, passò al pio albergo. Nel frattempo, diminuiti con il passare del tempo gli introiti, l’ospedale fu mutato in Ospizio per pellegrini che potevano essere alloggiati per almeno due giorni. L’edificazione fu ultimata nel 1357. Nel 1365 il Priore concesse alla Scuola una porzione di terreno per erigere “…tre arche…” per la sepoltura dei Confratelli e l’uso della sacrestia dell’ospedale per svolgervi le riunioni del Capitolo. Nel 1436 cessò la discendenza di Orsolino e anche il Giuspatronato dell’Ospedale passò all’antica Fraglia, con l’avallo del Consiglio di X che, nel 1466, fece unire con un decreto la Confraternita dei Battuti alle Scuole Grandi veneziane, permettendole così di godere dei loro ampi diritti e privilegi (fu dispensata dallo sfilare in Piazza San Marco nelle solennità per via degli “...accidenti e pericoli a cui essa si esponeva a cagione della instabilità de’ tempi nell’andata e nel ritorno da Venezia...”, come peraltro testimoniato dal resoconto del Sanudo sulla grande Processione di San Marco avvenuta nel 1516, che non cita tra le Scuole Grandi marcianti quella di Murano). Nel 1516 (o, secondo altri, nel 1506) si iniziò la costruzione di una nuova chiesa, sempre dedicata a San Giovanni Battista, e furono restaurati Scuola, Ospizio ed Oratorio. Nel 1569 il grande edificio - con rimandi stilistici che gli eruditi ottocenteschi attribuivano a Sansovino o ai Lombardo - era completato, seguendo quelli che si potrebbero definire i dettami architettonici delle Scuole Grandi. Diviso verticalmente a metà (vedi sotto) , a forma di grande “L”, ospitava a destra la chiesa (A), a cui si accedeva attraverso la porta maggiore (B). L’altra porta gemella (C), come suggeritomi da Vettore Zaniol, era quasi sicuramente cieca. La metà di sinistra, divisa in due piani (più forse una soffitta), ospitava al pian terreno (D e E) il Deposito, le tombe dei Confratelli, l’Ospedale o Ospizio, e l’Oratorio. Si accedeva al piano superiore attraverso due “sontuose scale” per usare le parole di Matteo Fanello. Una (I) partiva dalla chiesa, l’altra (II) da una porta posta a lato della facciata, salite le quali si arrivava alla Scuola (F) e all’Albergo (G). Nel primo salone (F), ornato da numerosi quadri raffiguranti episodi della vita del Battista e i ritratti di alcuni confratelli benemeriti, si trovavano anche un altare settecentesco in marmi policromi con un Crocifisso miracoloso che veniva portato ad alleviare le sofferenze di malati ed infermi nelle processioni. L’altra sala (G) “....ove i fratelli tengono la loro riduzione è tutta dal mezzo in giù circondata da un intaglio raro e di sommo pregio formato nella semplice noce...”: il dossale di Pietro Morando. Da questa stanza si accedeva in un altro piccolo locale (H), adibito a deposito delle reliquie. L’Ospizio di San Giovanni Battista era ricchissimo di risorse economiche. Oltre ad accogliere i poveri e i pellegrini, forniva la dote alle zitelle, sosteneva malati ed orfani secondo un costume comune alle Confraternite dei Battuti di tutta Italia. Si narra che nel secolo XVII, superando il limite usualmente stabilito dal Governo (500/600 membri), la Scuola contasse più di 700 iscritti, scesi a 300 verso il finire della Repubblica.
Nel 1806 vennero soppresse le Confraternite, anche se chiesa e ospizio riuscirono a sopravvivere per qualche anno. Nell’ottobre del 1813 gli edifici degli “... Angeli, S.Maffio, S.Pietro martire, le Terese, e scuola di S.Gio.Batta. de’ Battuti situati nella Comune di Murano,[vennero visionati dal Genio militare franco-italico] per la custodia dei buoi vivi, e per riporvi altri generi d’approvigionamento d’assedio...” in vista di una futura emergenza per l’eventualità di attacchi austro-inglesi. Tutto ciò che era ancora custodito in San Zuanne venne disperso, derubato, distrutto. La distruzione totale degli edifici comincerà nel 1837, coinvolgendo anche altre costruzioni che, a detta dello Zanetti, formavano “…un’intera contrada…”. La Chiesa aveva tre Altari: la tavola dell’Altar Maggiore, con Il Battesimo di Cristo, l’Eterno Padre, lo Spirito Santo e vari Angeli è attribuita al Tintoretto (o alla sua scuola; l’opera ora si trova nella chiesa di San Pietro martire, a Murano). Negli altri due Altari, erano posti un’Annunciazione e un San Rocco, entrambi di Bartolomeo Letterini.. V’erano quadri del Palma andati anch’essi perduti, oltre ad una tavola di Matteo Ponzone con il Battista in prigione ed una pala attribuita al Malombra, raffigurante San Giovanni che predica nel deserto. Nella Sagrestia della Chiesa di San Giovanni v’era anche un Battesimo del Cristo eseguito da Stefano Pauluzzi oltre a numerosi ritratti di confratelli. In una cappella si custodiva una pala rappresentante la Deposizione, opera di Marco Angelo detto del Moro (anch’essa situata attualmente nella chiesa di San Pietro martire). Sopra la porta maggiore v’era un Polittico del Vivarini a sei o nove scomparti. Si custodivano diversi quadri narranti le indulgenze concesse ai confratelli, opere del Malombra. Un quadro a mano di Filippo Abbiati rappresentava il Commiato dal padre di San Giovanni Battista prima di addentrarsi nel deserto, in basso il ritratto del committente, il Guardian Grando Andrea Trevisan e quello del nipote. Molte di queste opere sono state “adattate” alla piccola sacrestia di San Pietro martire, dove campeggia la pala raffigurante il Guardian Grande Vincenzo Serena con in mano la Mariegola della Scuola mentre adora San Giovanni Battista, eseguita nella seconda metà del cinquecento dalla scuola del Tiziano. Il soffitto dell’Albergo al primo piano era abbellito da un soffitto prospettico opera di Faustino Moretti da Brenna in Valcamonica, magnificante il Santo protettore della Scuola. A detta di Vincenzo Zanetti, il pavimento marmoreo della chiesa di San Zuanne, ad intarsi bianchi e neri, si troverebbe attualmente nella Cappella maggiore di san Pietro martire. Testo parzialmente tratto dal libro:
Bibliografia: Flaminio Corner, Notizie Storiche delle Chiese e Monasteri di Venezia, e Torcello..., Padova, 1758 (Ristampa A. Forni, Bologna, 1990). Marin Sanudo, I Diarii, (1496-1533) Pagine scelte, a cura di Pietro Margaroli, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1997. |
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